2×12 – Quando la presenza super la mancanza: il parto di Silvia | Nasciamo Tutti Così

Nasciamo tutti così
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2x12 - Quando la presenza super la mancanza: il parto di Silvia | Nasciamo Tutti Così
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Leggi la trascrizione del racconto di Silvia: il parto di una mamma single

Che coraggio che ci vuole a scrivere questa storia.

Ce ne vuole così tanto che l’unico modo che ho per farlo è sputare il rospo subito, dire per prima la cosa più difficile. Bimba mia, mentre ti aspettavo c’erano il Natale e la fine dell’anno, c’erano i tuoi nonni, gli zii e un trasloco in corso, c’era pure una pandemia mondiale ma non c’era il tuo babbo.

Non avevo immaginato di passare la gravidanza da sola ma ora, guardandomi indietro, ne ho un ricordo bellissimo. Una volta ho letto in un libro di De Luca questa cosa sulla grazia, diceva che “la grazia è la forza sovrumana di affrontare il mondo senza sforzo, sfidarlo a duello senza nemmeno spettinarsi. È un dono e tu l’hai avuto”. Bimba mia, impara questa cosa che ti mostro: solo di una cosa avrai bisogno nella vita ed è credere in te stessa, e solo un potere potrai avere ed è quello di essere ottimista. Qui ci siamo dati tutti un gran da fare per accoglierti al meglio: il nonno ha tirato fuori tante di quelle cose dalla soffitta che sembrava ti aspettasse da sempre, la nonna ha preso in mano ago e filo per ricamare il tuo nome e la zia… Oh, la zia è un’architetta, ci ha rifatto tutta casa nuova!

Oggi che sono qui a scriverti è l’anniversario della prima volta che ti ho vista. 8 settembre 2020, 1° visita ginecologica. Arrivo sola e con il cuore in gola incontro al più grande appuntamento  della vita. Sono già alla fine del 1° trimestre (11a settimana scoprirò allora!) e non ho la minima idea di cosa mi aspetti. Immagino di vederti piccola come un puntino, invece sei già grande e formata, indaffaratissima nelle tue faccende acquatiche! Guizzi come un pesciolino e quanto scalci coi piedini! È in quel momento che capisco che stai davvero per venire al mondo. La tua salute dipende dalla mia e io ho il dovere, e il diritto, di godermi insieme a te questo tempo così sacro e breve. Tutto l’amore che ci circonda ci aiuta e ci sostiene.

A ogni nuova visita, a ogni ecografia ci regali la tua festante e incontenibile voglia di vivere. Non c’è volta in cui tu non mi faccia festa e non mi faccia ridere, i dottori mi dicono che sei una bimba incredibilmente allegra e vispa. Cresci sana e forte e più i tuoi lineamenti si definiscono più diventi bellissima. Ti sento muovere in continuazione, soprattutto la sera, sei proprio un terremoto! Il nonno ha comprato per noi una poltrona comodissima, di quelle che si alzano e reclinano con il telecomando. Ci passo serate intere sdraiata, a guardare la pancia sollevarsi sotto i tuoi calci e accarezzarti. Quanto sgambetti per chiedermi le coccole!

Sono così orgogliosa e felice di avere con me, in me, un tesoro tanto grande. E sento forte la responsabilità di preservarlo. Una responsabilità doppia. Tu però m’insegni presto a lasciare andare i pesi, vivere più serenamente. Dove non c’è amore non soffermarti, ciò che non puoi migliorare lascialo andare. Hai in te così tanta forza che non mi dai il tempo e il modo di dispiacermi, vederti crescere mi calma. Tu stai bene, benissimo. E io, per tanti aspetti, sarei stata sola lo stesso. Sei nata nel 2021, l’anno in cui tutte le mamme sono sole. Fatemelo dire e provate a capirmi: io da questa pandemia mi sono sentita protetta perché mi ha resa uguale a tutte le altre. A ogni visita tutte le mamme sono senza compagni.

Nessuno si accorge di me, nessuno mi fa domande, non ci sono differenze fra me e le altre mamme. In nessun altro tempo avrei potuto avere una gravidanza così serena come in questo.

Poi eccolo lì, di nuovo: il peggio. Ho un fibroma uterino. È lì da sempre ma nessuno lo ha visto finché, in un mese, è cresciuto tantissimo. Desidero così tanto un parto naturale che per non illudermi mi dicono subito che rischio un cesareo. Mi scopro a piangere dal dispiacere, per giorni, per mesi. Mi sembra impossibile non poterti dare al mondo con le mie forze. E poi arriva il dolore, tanto forte da non riuscire più ad alzarmi dal letto. Prendo progesterone per mesi, per evitare un parto prematuro. Tu non smetti mai di farti sentire, è il tuo modo per dirmi di stare tranquilla. Anche quando perdo sangue e volo al pronto soccorso e mi affidano al Centro per la gravidanza a rischio i medici mi dicono di stare tranquilla. Il fibroma è enorme e dobbiamo arrivare preparati al giorno del parto, monitorare la sua e la tua crescita, vedere in quale posizione ti metterai rispetto a lui e se sarai in grado di girarti.

La data del parto è prevista per la fine di marzo ma a gennaio ho già pronta la valigia. Sto a riposo e mi godo il Natale, preparo la lista dei tuoi regali, leggo tutto ciò che c’è da sapere sulla gravidanza, progetto ciò che ci sarà da fare dopo la tua nascita, organizzo la tua prima vacanza. È tutto sulle mie spalle, non posso arrivare impreparata. Colleziono momenti e ricordi per poi raccontarti tutto, scattiamo foto ricordo e ogni scusa è buona per festeggiarti. Ci sono tutti quelli a cui vogliamo bene e che ci amano che, per non farci sentire sole, ci amano il doppio, il triplo, cento volte tanto se è possibile. Siamo fortunate e non smetterò mai di essere grata alla mia famiglia per aver costruito intorno a noi un cerchio magico di conforto, aiuto e amore. Dicono che per ogni perdita una famiglia abbia una nuova vita in arrivo e tu arrivi come un dono della vita proprio adesso che la tua bisnonna ci ha lasciati.

A ogni visita il fibroma è cresciuto ma anche tu sei cresciuta. Il fibroma non ti tocca e tu nuoti allegra e bellissima nel tuo laghetto, a dispetto di tutto. Se solo tu riuscissi a capovolgerti adesso, posizionarti con la testa davanti al fibroma, allora potrei metterti al mondo da sola. Ma è una possibilità su mille, non voglio neppure sperarci. Non spero niente neppure quando il fibroma smette di crescere. E non voglio illudermi neppure quando riesci a metterti a testa in giù. A marzo stai ancora nuotando nella mia pancia.

All’ultima visita mi dicono che il fibroma si è messo in un modo tale, e tu in un modo tale, da non intralciarvi a vicenda. Il canale del parto è libero e non c’è nessuna ragione per fare un cesareo. Piango di gioia, sul lettino.

Bimba mia, quanto mi piace il modo in cui sei fatta! In un mare di problemi tu vai sempre dritta per la tua strada!

Sono pronta, prontissima, mi sento finalmente bene, libera. Sono tutta pancia e ho un mal di schiena che non ti dico ma ora mi muovo e cammino, faccio scale, vado su e giù con i nonni a svuotare casa prima che la zia la trasformi. Ordino un mazzo di tulipani rosa per il giorno in cui torneremo dall’ospedale, una torta con scritto il tuo nome e i palloncini con i glitter. Scrivo il mio piano del parto e chiedo di poter avere vicina la tua nonna in sala parto. Mi piacerebbe vivere il parto nel modo più naturale possibile, anche se non riesco a immaginare che cosa mi aspetta veramente. Sono tutti gentili con noi, il doppio se è possibile.

Una sera perdo del sangue, è il segnale. Ma passa una nuova settimana e io smetto di pensarci. Mi dedico al trasloco per fare passare il tempo più velocemente. Tu ti fai sentire ogni sera. Guardo in continuazione la tua ecografia, sei così carina!

Arriva aprile (ma non rischiavo un parto prematuro?!) e poi, di nuovo, il peggio: il mio tampone per il Covid è positivo a bassa carica. Ne ho già fatti tre nei giorni prima, sempre negativi, sono sicura sia un errore. Mi dicono che è probabile ma che purtroppo adesso cambia tutto. Se partisse il travaglio dovrei chiamare un’ambulanza e andare in un altro ospedale, in un’altra città, senza nessuno dei medici che mi hanno visitata finora, completamente sola. Bimba mia, ti prego, non nascere ora. Faccio subito un altro tampone.

Negativo. Bimba mia, è adesso il momento: nasci, ti prego.

E finalmente il terremoto. Forte, determinato. Scendendo le scale, con in mano uno scatolone, sento la pancia contrarsi. “Ci siamo” dico alla mia mamma, “credo sia meglio tornare a casa”. E la pancia trema di nuovo. Adesso che ti sei messa in viaggio e stai per nascere so che tirerai dritta per la tua strada. È il tuo momento. Sistemo le ultime cose, fotografo il pancione per l’ultima volta, provo a chiudere gli occhi ma niente, tu bussi inesorabile. I nonni ci accompagnano in ospedale e ci trattengono subito. È l’una di notte, c’è silenzio in tutto il reparto. Resto quaranta minuti sotto la doccia calda e il dolore passa. Avrei voluto partorire così ma il fibroma non lo ha reso possibile. Le contrazioni aumentano velocemente e velocemente mi dilato, all’alba siamo in sala parto.

Telefono alla nonna per dirle di venire. Mi sembra tutto un sogno,quanto tempo ci metterai a nascere? Mezz’ora? Invece ci metto una vita a imparare a spingere. Non ho chiuso occhio per tutta la notte, solo con l’epidurale riesco a riposare e recuperare le forze. Le contrazioni sono fortissime, mi sembra impossibile tutto questo dolore ma i valori sono perfetti e mi si rompono le acque. Respirare è sempre stata la cosa più facile al mondo eppure adesso non lo so fare. Mi muovo, provo posizioni diverse ma in nessuna riesco a spingere. Sento che la schiena non mi regge, che devo stare distesa, con le gambe sollevate e strette al petto. Ripeto mille volte alle ostetriche che non sono capace, lo urlo forte, mandando a vuoto tutte le spinte e sprecando tantissima energia. E poi mi arrendo all’idea che tu debba attraversarmi, mi tengo vicine le ostetriche Matilde e Aurelia – sono romane e lo prendo come un segno, perché romano è il nome che ho scelto per te – per insegnarmi a respirare e insegnarmi a spingere.

Sono stremata. La nonna è al telefono con tutti quanti, mi dice “Dai che si vede la testa!”. A me sembra un sogno eppure sta succedendo veramente. Respiro, spingo e ricomincio. Stai correndo verso la vita, stai per vedere il mondo. Respiro e mi concentro sul momento. Nasci schizzando fuori come un razzo, e io ricordo la sensazione meravigliosa di te che scivoli rapida sulla mia gamba. Ce l’abbiamo fatta. E sei bellissima e calma e tutta stropicciata, profumi di milioni di coccole. Ti prendo subito e tu neanche piangi, non piangerai mai e io scoprirò presto quanto sia facile essere la tua mamma. È la nonna a tagliare il tuo cordone ombelicale, ce l’ho ancora negli occhi.

Che emozione quando ci siamo preparate per uscire e i nonni sono venuti a prenderci! Che emozione uscire insieme fuori dal reparto, fuori dall’ospedale, giù in strada. Mi chiedevo: davvero ti lasciano uscire con me?!

Davvero posso portarti a casa, essere la tua mamma? Sì, è tutto vero, mi dico. Sono arrivata a te dopo mille salite, cieli neri e schiarite, mille deviazioni, mille guasti. Tu sei la mia vista mozzafiato.

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Ciao sono Dalila, di mestiere aiuto le madri a dare alla luce i loro bambini con me c’è Carlotta, che aiuta le parole a mettersi in fila e creare immagini.

Siamo qui, insieme, per tentare di raccontarvi che cosa accade quando un bambino sceglie che è il momento di vedere il mondo, o quando è la natura a scegliere per lui.

Grazie ai vostri racconti, vi porteremo lì dove accade la magia, dove da un corpo se ne creano due.

Siamo Dalila e Carlotta e questo è “Nasciamo tutti così”, primo podcast italiano di storie di parto. 

Per ascoltare l’intervista completa a Silvia vi aspetto su youtube , trovate il link ad inizio pagina.

Grazie per aver seguito questo episodio, ringrazio ancora una volta Silvia  per il suo prezioso racconto, grazie a Carlotta che  cura con passione  la stesura degli episodi. 

E grazie di cuore a tutti voi che ci avete seguito in questa seconda stagione di nasciamo tutti così!

Se il podcast vi piace potete lasciarci una recensione tramite apple podcast, per contattarci o conoscerci meglio ci trovate su instagram come dalilaostetrica e ourlifewithblueblinds.

A presto, con tanti nuovi ed emozionanti  racconti di nascita.

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